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SI PUO' FARE
(Giulio
Manfredonia)
di Fabio Marson*
Milano, 1983. Il sindacalista Nello (Claudio Bisio), messo alla
porta dalla fidanzata Sara (Anita Caprioli) per essere “troppo
antico” e dal suo stesso sindacato per essere “troppo moderno” viene
esiliato nella gestione della piccola e scalcagnata cooperativa 180,
composta da un gruppo di ex ospiti di manicomio seguiti da uno
psichiatra (Giorgio Colangeli) dalle evidenti idee antibasagliane.
Con coraggio, determinazione e dignità, Nello riuscirà a trasformare
quel mondo snobbato e ridicolizzato dalla gente bene in un'avviata
realtà presente sul mercato.
Si può fare è un piccolo gioiello del nostro cinema, capace di
renderci partecipi di una faccia del lavoro che troppo spesso viene
velata, nascosta, forse perché scomoda o poco interessante.
Lo sceneggiatore Fabio Bonifacci e il regista Giulio Manfredonia,
invece, memori di precedenti quali Qualcuno volò sul nido del cuculo
e Matti da slegare, ci insegnano che anche una realtà ai limiti del
ridicolo come una cooperativa di parquettisti fuori di testa respira
un'umanità drammatica, profonda e dalle mille sfumature. E' una
storia di responsabilità e determinazione, resa avvincente da un
ritmo cronometrico e da una recitazione di rarissima
professionalità.
Nello, gettandosi a fondo in una situazione “più grande di lui”,
combatte una guerra silenziosa contro una società di apparenze, in
cui diversità e problemi sociali continuano a essere tenuti
segregati (e sedati) nei dimenticatoi che la Legge 180/78 ha
provveduto a sfondare. Tolte le catene, allora, la piccola
cooperativa si ritrova a fare i conti con i valori che formano
l'uomo. Sono la responsabilità e il libero arbitrio a essere
(faticosamente) raggiunti, conquistati con tenacia e voglia di
vivere, per gridare al mondo che pure i matti, se compresi e capiti,
possono dare molto alla società che stenta ad accoglierli.
Ispiratosi alla storia vera della Cooperativa Noncello di Pordenone,
il film, scandalosamente escluso dal Festival di Roma, candidato a
otto David di Donatello (tra cui Miglior Film e Miglior
Sceneggiatura), si è aggiudicato solo il Premio David Giovani,
assegnato (e non è un caso) da una giuria di studenti.
Pensare che il messaggio di fiducia e possibilità, che già il titolo
offre, sia stato colto dal pubblico giovane è, io credo, la
gratificazione più grande.
*Iscritto al corso di autori tv/sceneggiatori a.a. 2009-2010
10-03-10
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